Una notte di tarda primavera del 1943, alla Stazione Centrale di Treviglio, si fermò un diretto provenien- te da Venezia con un ritardo più che ragionevole per quei tempi: un paio d'ore. Ne scesero pochissime persone: due uomini che si diressero subito al...
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Una notte di tarda primavera del 1943, alla Stazione Centrale di Treviglio, si fermò un diretto provenien- te da Venezia con un ritardo più che ragionevole per quei tempi: un paio d'ore. Ne scesero pochissime persone: due uomini che si diressero subito al bar, scomparendo dietro una porta a vetri protetta da sottili strisce di carta che avrebbero dovuto evitarne lo sbriciolamento in caso di attacco aereo, una donna infa- gottata che scivolò svelta svelta verso l'uscita laterale riservata alle merci, e un militare che contraria- mente agli altri dava l'impressione di non aver nessuna premura di allontanarsi dal treno. Il quale treno, dopo uno stracco segno del capostazione, cacciò uno sbuffo ringhioso e se ne andò per gli affari suoi. Rimasero a vederlo dileguare nel buio l'uomo tutto in nero che bilanciava la sua flaccida pancia con le mani unite dietro la schiena a tenere la paletta, e il militare, stretto nella sua divisa diagonale, assurda- mente elegante come se andasse a una festa
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